mercoledì 17 novembre 2010

Evoluzione del linguaggio

Dopo aver ristrutturato l’intero blog possiamo ritornare ad occuparci dei contenuti e possiamo quindi passare ad un nuovo argomento.

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Da quanto ho voluto intraprendere lo studio della lingua giapponese da autodidatta ho avuto modo, attraverso essa, di conoscere in maniera più approfondita anche la mia lingua nativa, cioè l’italiano. Mi è capitato anche di avvicinarmi ad altre lingue apprezzandole o odiandole a seconda dei casi, ho inoltre riscoperto il mio antico amore per l’etimologia delle parole.

Quest’ultimo aspetto mi ha portato a ragionare su come nel corso della storia ogni lingua in maniera più o meno indipendente si è “evoluta”. Lo metto tra virgolette proprio perché mi chiedo se veramente le lingue si siano evolute, o comunque si stiano realmente evolvendo, oppure è soltanto la nostra tendenza a vedere nel moderno il positivo e nel passato il negativo. Ognuno può avere la propria opinione in proposito ma secondo il mio modo di vedere sono propenso a pensare che quasi la totalità delle lingue nel mondo stiano subendo un involuzione e cercherò in questo articolo di spiegarne il perché.

1. Appiattimento delle parole: Quando parole hanno significati simili ma magari con sfumature differenti o usi in contesti diversi, col passare degli anni sono diventate interscambili tra di esse o addirittura ne è morta una in favore dell’altra. Prima mi sembrava una cosa naturale e necessaria, ma una volta buttatomi nello studio dei kanji ho capito quanto sia necessario poter comunicare le sfumature attraverso le parole o (come nel caso dei kanji) nella scrittura.

mouse2. Internazionalizzazione della lingua: L’importazione di parole straniere (l’inglese in questo periodo la fa da padrone) non è di per se una cattiva cosa, può arricchire una lingua, se esse vengono usate per esprimere certe sfumature o certi sentimenti (per fare un esempio, in italiano si usa la parola cliccare per indicare l’atto di premere il pulsante del mouse). Il problema è quando lo si fa per sostituirli a parole che nella lingua madre già esistono.

3. Riduzione discorsiva: Questo punto è più diffuso nella lingua scritta che in quella parlata, ma non per questo da sottovalutare soprattutto con la diffusione di internet. Si tenta di togliere ciò che nel discorso può sembrare inutile in modo da essere più diretto e veloce possibile; accorciamenti di parole, articoli tolti, abbreviazioni e cosi via. Per la lingua scritta in certi contesti potrebbe anche essere accettabile, non lo è se ci riferiamo alla lingua parlata. Tra i giovani è ormai diffuso questo fenomeno anche se in italiano per fortuna è un fenomeno non ancora molto diffuso (non si può dire lo stesso dell’inglese).

La cosa strana in tutto ciò sta nel giustificare questi processi con il motivo di rendere più immediato il discorso e per comunicare meglio possibile, ma quello che riscontro nella maggior parte dei casi (soprattutto per il punto 1.) è una riduzione di espressività generale, e una riduzione in tal senso non fa altro che rovinare la comunicazione.

La lingua rappresenta l’origine e la storia di un popolo, appiattendola e inquinandola con influenze esterne in maniera incondizionata non fa altro che distruggere la cultura di quel popolo. E per il mondo un appiattimento delle culture può solo rappresentare una stasi che non porta a nessuna evoluzione, ecco perché per me la lingua sta subendo un involuzione.

Fonti delle immagini: Testato.it, DeadManWriting.

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