lunedì 2 maggio 2011

Heisig con il Lazy Kanji

Uh che noia sti kanji

In questo blog ho parlato diverse volte dell’uso di anki un programma che io ritengo molto utile nello studio delle lingue (e non solo).

Ho anche parlato del metodo Heisig per studiare i kanji un validissimo metodo riconosciuto da molti come uno dei migliori modi per un occidentale per affrontare lo studio dei kanji.

Diverso tempo fa però ho voluto provare un approccio diverso nello studio dei kanji basato sempre su Heisig ma ispirandomi a un post pubblicato sul sito di AJATT.

Come suggerisce il nome (lazy = pigro) è un metodo per pigroni o comunque per chi non ha molto tempo e si tratta semplicemente nel mettere come domanda la definizione del kanji presente nel dizionario giapponese e mettere come risposta il kanji stesso. Kathzumoto lo usò però solo per i kanji più avanzati (non presenti su Heisig) e prevede una conoscenza già avanzata della lingua.

In quello stesso post qualcuno suggerì un metodo simile applicato però ai kanji di Heisig e incuriosito ho voluto provarlo rifacendo di nuovo il libro per intero utilizzando questo nuovo approccio e personalizzandolo un po’. Dopo diversi mesi, qualche giorno fa ho finalmente finito l’esperimento.

Il risultato per me è stato soddisfacente ed ecco perché ho deciso di parlarvene e presentarne il metodo, con la speranza che magari risulti utile a qualcuno.

Se ricordate, Heisig prevedeva di mettere nella domanda la parola chiave e nella risposta il kanji corrispondente aiutandosi magari con la storia creata, nell’approccio lazy kanji però si ragiona in maniera differente.

Nella domanda metteremo la frase suggerimento che conterrà le primitive e la parola chiave, con la differenza che quest’ultima essendo quella da indovinare sarà nascosta (es.: Ha bevuto NOVANTA bottiglie di WHISKEY ed è diventato __. Il kanji è 酔 mentre la parola chiave è ubriaco, che dovrebbe essere messa apposto dei trattini). Nella domanda sarà presente anche il kanji ma sarà nascosto in modo da essere visto solo se vi si passa sopra il mouse.

Nella risposta invece avremo il kanji con l’ordine di tratti, il kanji stesso, più la parola chiave e altre parole sinonime se necessario.

Quando ho intrapreso questo metodo è stato perché aveva dei vantaggi non indifferenti, primo tra tutti il fatto che si evitava definitivamente il rischio di confusione tra kanji di significato simile, infatti l’importante non è indovinare la giusta parola chiave ma va bene anche se è qualche sinonimo o comunque una delle tante sfumature del kanji.

Inoltre così facendo ci si allena, sì a scrivere il kanji seguendo le logiche di scrittura, ma anche soprattutto a seguire il processo naturale che si percorre quando si legge in giapponese; nella lettura quello che si vede è il kanji e non la parola chiave.

Questi due punti nei precedenti tentativi di utilizzo di Heisig sono stati dei punti deboli, infatti la maggior parte degli errori che facevo erano dovuti alla confusione di una parola chiave con un’altra disegnando (o comunque tirando dalla memoria) il kanji errato.

Poi avevo difficoltà a richiamare la giusta parola chiave partendo dalla visione del kanji, mentre adesso sono allenato da subito ad associare a una certa immagine il giusto significato.

Ma dove sta allora il nome Lazy kanji? In cosa questo metodo viene considerato pigro?

Ovviamente il problema principale di Heisig è creare le giuste storie che richiamino alla mente sia il kanji che i suoi elementi, ma stavolta avendo già in vista la frase (e non dovendola richiamare in mente) la storia può essere anche totalmente casuale (es.: __ non ama ANDARE in giro con la PELLICCIA, la storia non rievoca sicuramente il significato della parola chiave LUI ma non è importante).

Inoltre il metodo risulta meno faticoso perché si fanno meno errori dovuti a motivi che non sono strettamente legati al non conoscere il kanji ma solo perché la parola chiave è quella errata. Mi capitava infatti spesso di non ricordare un kanji attraverso la sua parola chiave ma se mi capitava di vederlo all’interno di un testo sapevo benissimo il suo significato.

Quando si presenta una carta dobbiamo prima di tutto ricostruire il kanji partendo dalle primitive se non ci si riesce si sbircia sul kanji e da esso dobbiamo ricavarne il significato, se ci riusciamo (anche se non è esattamente la parola chiave ma solo un sinonimo) è comunque un successo.

In termini tecnici si traduce che se indoviniamo kanji e parola chiave allora premiamo il pulsante “facile”, se abbiamo dovuto sbirciare per il kanji allora possiamo scegliere tra “difficile” e “buono” secondo il nostro giudizio, se si sbaglia la parola chiave allora si considera errore.

Per evitare di scrivere un post eccessivamente lungo ho scritto in un altro post la procedura su come configurare un mazzo di anki con i kanji per utilizzarlo con questo metodo. Se volete vedere come fare andate qui.

Quindi ci vediamo alla prossima.

Post correlato: Lazy Kanji su Anki.

2 commenti:

  1. questo post è molto interessante, non conosco questo programma, ma ho provato anni fa da autodidatta a studiare il giapponese ed ho avuto moltissime difficoltà con i Kanji, proprio perchè dovevo memorizzare i vari concetti e significati racchiusi in ognuno di essi...
    complimenti per questo utilissimo blog! :-)

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  2. Grazie dei complimenti e felicissimo che ti sia utile.

    Se può interessarti ho appena pubblicato quello che potrebbe considerarsi la seconda parte di questo post, si chiama appunto: Lazy kanji su Anki. Ed ecco il link: http://shoras.blogspot.com/2011/05/lazy-kanji-su-anki.html

    Spero che resterai a lungo in questo rifugio ^_^

    RispondiElimina

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